La vulvodinia: il terremoto del corpo

Sono Alice e ho la vulvodinia da 14 anni .. queste le prime parole che escono dalla mia bocca ogni qual volta mi presento dall’ennesimo dottore. Sono parole importanti perché la vulvodinia è una di quelle malattie che entrano nella tua anima e nella tua identità fino a diventarne protagoniste, rimodellando come argilla la percezione del tuo corpo e del tuo mondo.

Conosco questa malattia come le mie tasche, e dopo aver completato il mio percorso di formazione come Psicoterapeuta, comprendo gli alti e i bassi “emotivi” che come un’altalena caratterizzano la vita di una ragazza con la vulvodinia.

Quando lavoro in seduta con queste ragazze mi accorgo che la malattia stravolge la loro vita come un terremoto. Niente è più come prima nel loro corpo e tutto va ricostruito dall’inizio con pazienza e dedizione. Si percepisce proprio uno stacco netto tra il prima e il dopo la malattia.

Ma cosa accade veramente ad una donna con la vulvodinia a livello emotivo?

Accade che siamo spaventate, arrabbiate, che ci sentiamo sole. Proviamo vergogna e confusione ritrovandoci in un corpo che non risponde più ai nostri comandi, che sembra un cavallo impazzito e infuriato. Un corpo che ci limita nella nostra quotidianità.

E’ così che si crea una frattura tra quello che vogliamo fare (volontà) e ciò che sentiamo di poter fare (sensazione). In poche parole tra la mente e il corpo.

E’ necessario allora riprendere in mano le redini del cavallo con gentilezza e pazienza, e prendersene cura come un neonato, rispettando i suoi tempi, adattandoci ai suoi nuovi ritmi.

Occorre ripristinare il contatto perso con il corpo.

E’ solo tramite questa “nuova comunicazione” tra mente e corpo che possiamo riprendere in mano la nostra vita e percorrere la strada verso la guarigione.

Dedico queste parole a tutte le donne che come me hanno sofferto:

A volte il dolore ha imprigionato i miei occhi

Con corde strette

E accecato la bellezza.

A volte il dolore ha curvato la mia schiena,

Assassinato il mio respiro,

Scavato le mie guance che stringevano forte

Per fermarlo sotto i denti.

A volte il dolore mi ha fatto perdere un abbraccio

Come si perde un treno poco importante.

A volte il dolore ha divorato la mia anima a piccoli morsi -

Invisibile -

fino a ridurmi ad un sacco vuoto e stanco….

Oggi, il mio dolore,

Come un vecchio amico,

Mi riavvicina

A quell’abbraccio mancato,

alle lacrime sospese.

Oggi il mio dolore mi permette di sentire,

Con il cuore cucito,

E di urlare al mondo:

Sono viva

Con O senza di te

Dott.ssa Alice Spallone